martedì 2 gennaio 2018

La squola capitolo I ...

Quando andavo a scuola erano anni di ripresa della vita, gli anni '60, dove tutto veniva preso troppo seriamente, dove tutto veniva tenuto sotto stretto controllo, dove tutto era quasi troppo terrificante!
Ricordo il mio primo giorno all'asilo dalle suore di don Bosco, non volevo restare mi facevano paura penso di aver implorato mia madre che mi portasse a casa e non mi lasciasse in quel posto, che poteva sembrare bello, con le giostrine, lo scivolo, altri bambini che giocavano festosi ed allegri...io no, non volevo assolutamente rimanere in quel posto che mi appariva come un lager, era tutto controllato, si rideva, si cantava, si giocava, ma soprattutto il pomeriggio si dormiva, e già si poggiava la testa sul banco e nel silenzio di quella immensa stanza si tiravano le tende spesse e scure e si stava lì in silenzio, sono certa che c'era qualche bimbo che dormiva, io no!
Ho sempre odiato dormire il pomeriggio, non avevo sonno e non mi piaceva.
Questa tortura durò poco forse per la volontà di mia madre, o forse perchè anche l'asilo costava e noi eravamo già tre sorelle.
Poi ricordo la seconda forma di impatto con la scolarizzazione, la mia prima classe. All'epoca abitavamo su un palazzo, ed io frequentai una scuola nelle vicinanze, ricordo con piacere quell'anno, ed il ricordo è rimasto impresso su l'unica foto che ho con il grembiule ed il fiocco.
La maestra era dolcissima, e ne sono certa perché il pensiero non mi fa drizzare i peli, ma anche questo durò poco. L'anno dopo cambiammo casa, finimmo ad abitare in una casina che adesso descriveremmo come villetta a schiera, a quel tempo erano case per gli operai della fabbrica che teneva in vita una città come Colleferro.
All'inizio mi era piaciuta l'idea di abitare su una casa che era tutta nostra, con il giardino davanti e retro casa, ben presto quel posto divenne la mia prigione.
Chiaramente fui costretta a cambiare scuola, un'altra sede più centrale, più vicino a casa.
Il primo giorno lo ricordo perfettamente anche se sono passati cinquantatre anni, anche quella mattina mi accompagna mia madre, vedo ancora questo lunghissimo corridoio, mano nella mano di mamma, passiamo davanti ad un'aula si apre la porta e appare una maestra, che saluta calorosamente mia madre, le chiede alcune cose su mia zia Pasqua, loro erano state compagne di collegio avevano studiato insieme e si erano diplomate insieme, con tanto affetto parlava della mia amata zia.
Dovevo andare con una insegnante che si chiamava Incitti, ma lei disse a mia madre che assolutamente mi voleva con lei, e che con l'altra insegnante se la sarebbe vista lei.
E qui senza saperlo cado nelle mani di una donna che non aveva cuore, tanto meno un' anima, entro in classe e vedo tre file di banchi, nella prima sezione verso la finestra la fila delle figlie dei dirigenti, nel centro la fila delle figlie degli impiegati, e l'ultima verso la porta la fila delle figlie degli operai!
Una cosa orribile, e forse sembrerà inventata, ma vi assicuro che qui ha inizio il mio rapporto doloroso con l'istruzione.
La maestra Cremona, ricordo solo il cognome, subito mi mise nella fila degli operai, anche perché tale era mio padre, e subito si accorse secondo lei che non ero molto intelligente e tanto meno preparata.
Non mi dilungo in quello che fu un calvario lungo quattro anni, la seconda elementare una volta era sostenuta da un esame, ricordo perfettamente che lo passai forse con dei piccoli voti.
Quello che mi terrorizzava di più della maestra Cremona era il suo cipiglio da grande scienziata e soprattutto psicologa, quello che più mi spaventava era il suo castigo quando lei decideva che non eri attenta o ben preparata, faceva confezionare delle orecchie di asino da quelli più bravi della classe, che guarda caso erano quelli delle file dei dirigenti, erano tutte belle, bionde, e tanto stronze.
Si divertivano a farle più lunghe e perdevano tempo anche nel colorarle, ricordo una mia compagna di scuola si chiamava But questo era il suo cognome, lei era tanto carina, era bionda con degli occhi azzurri ma purtroppo non apparteneva ai banchi giusti e ricordo con terrore quando la maestra la obbligò a mettere le orecchie di asino, ricordo le sue lacrime silenziose che scendevano sul suo viso, e la maestra che fomentava la classe a dirle "asina...asina!", poi non soddisfatta la fece girare per le altre classi dove credo ricevette lo stesso trattamento.
Se è accaduto anche a me non lo ricordo, sicuramente ho cancellato quella umiliante situazione, ma non cancellerò mai il ricordo di quello straziante momento durato quattro anni della mia vita!
Non sto raccontando frottole, non invento niente, sarebbe impossibile fantasticare su questi accadimenti, la realtà molto spesso è peggiore della fantasia, e lo strazio che produce ed il dolore che lascia è incancellabile.
La scuola per me è stata una matrigna di vita, mi ha fatto assaporare il dolore, l'umiliazione, la paura che spesso la vita racchiude, il male che diventa bellezza ma che non sorride...digrigna i denti!

Voglio iniziare una nuova catena di racconti, non solo per far capire quanto certe esperienze possano fare male, ma perché mi auguro di cuore che questo non accada più nelle nostre scuole, si parla adesso di bullismo, ma credo che ogni forma di sopraffazione, di umiliazione, di paura data ad un essere umano sia veramente orribile, spesso dietro maschere sociali nascondiamo, aguzzini e carnefici che ledono e nuocciono fortemente alla salute dell' ESSERE UMANO!



Buon anno nuovo a tutti quelli che con affetto ed amore mi seguono.

Un abbraccio universale

Doriana